sabato 11 ottobre 2014

Francesco (3)

Pacata riflessione sulle nuove considerazioni di Antonio Socci pubblicate su "Libero" dell'8 ottobre. Dice il giornalista/scrittore: "Se infatti si adotta l’articolo 68 si apre una contraddizione insanabile fra due articoli, come se normassero in modo opposto lo stesso caso, e si concede di fatto a qualsiasi cardinale il potere di annullare all’infinito il voto del Conclave o per prendere tempo o per far saltare una candidatura sgradita". L'art. 68 regola un caso generale in cui si ricade salvo specifici casi regolati altrove (come in tutti i testi giuridici della terra), il 69 un caso particolare e non c'è alcuna contraddizione. Al cardinale la scheda elettorale (delle dimensioni di cm 12x14) viene consegnata, non è lui che se la prende da solo. Quindi il fatto che una scheda possa restare attaccata all'altra è un "incidente": se accade una volta, la volta successiva lo scrutatore farà attenzione a che non si ripeta. Nessun cardinale ha il potere di "annullare all'infinito", semplicemente perchè la scheda non la prende da sè. Se accade che le schede sono 2 e le vota ambedue con voto disgiunto (mala fede), si annulla il suo voto, se le vota con lo stesso nome (buona fede, ma non troppo), si conserva il suo voto per la regola di interpretare sempre la volontà dell'elettore finchè possibile. Se la eventuale seconda scheda non viene votata e rimane "scheda bianca" in più nell'urna (che sia "rimasta attaccata" è una presunzione di buona fede, ma ininfluente: se ho ricevuto una scheda in più lo faccio presente prima per restituirla, se ne imbuco due vuol dire che non me ne sono accorto, fatto sta che l'art.69 regola il caso in cui tutte e due le schede siano votate), è un caso che ricade nel 68: si brucia il tutto e si rivota. Insomma: la votazione dell'intera sessione si salva soltanto nel caso in cui la scheda in più nell'urna sembri compilata dallo stesso elettore. Se 1) è una scheda in più bianca non riconducibile ad un elettore; 2) è una scheda in più votata non riconducibile ad un elettore, si brucia il tutto e si rivota. Se la scheda era "rimasta attaccata", poteva essere salvato il voto della sessione in deroga all'art. 68, in quanto, in fondo l'elettore si era espresso con un voto e una bianca? Cavillo per cavillo, no. Quel "rimasta attaccata" è un fatto concludente (scheda bianca sfusa nell'urna) oppure una testimonianza oculare? Non si sa. Sul fatto che nel testo latino della Universi Dominici Gregis non c'è scritto di rivotare subito. Vi è scritto: "Iterum, id est altera vice": "Di nuovo, cioè un'altra volta", precisazione che sarebbe stata inutile se non volesse dire 'subito dopo' (si poteva dire, la votazione è invalida tout court). Nel testo inglese c'è scritto "at once", in quello francese "aussitôt", in quello spagnolo "inmediatamente", in quello portoghese "imediatamente", in quello tedesco "sogleich".

venerdì 3 ottobre 2014

Francesco (2)

Vorrei esprimere, con il dovuto rispetto (perchè la stesura di un libro è una fatica che merita rispetto), una considerazione a margine del nuovo libro di Antonio Socci «Non è Francesco» (indovinato il titolo omaggiante Lucio Battisti). Premetto di non averlo ancora letto e quindi la considerazione riguarda il 'cardine' su cui si fonda uno dei capitoli, quello del conclave. L'autore ritiene radicalmente nulla l'elezione pontifica rifacendosi alla Costituzione di Giovanni Paolo II "Universi Dominici Gregis". In primo luogo si tratta di ragionare in filo di diritto (ecclesiastico) o non ragionare affatto. Tertium non datur. Le dietrologie, se ci sono, qui non c'entrano e chi vorrà leggerle lo farà per conto suo. Il fondamento dell'interpretazione giuridica è: in claris non fit interpretatio. L'interpretazione si fa ove il testo è oscuro. Altrimenti si legge e basta. Socci riporta l'episodio narrato da una giornalista, Elisabetta Piqué, che narra come al 4° scrutinio giornaliero (ma sarebbe meglio dire 'votazione', poichè lo scrutinio attiene allo spoglio), il 2° pomeridiano del 13 marzo 2013, sia avvenuto quanto segue: una scheda scrutinata era rimasta attaccata a quella votata da uno degli elettori e nell'urna c'era quindi una scheda in più. L'art. 68 della Universi Dominici Gregis prevede in questi casi che se il numero delle schede non corrisponde al numero degli elettori, si bruci tutto e si proceda ad una nuova votazione. Socci argomenta: è sbagliato perchè doveva applicarsi l'art. 69: "Qualora nello spoglio dei voti gli Scrutatori trovassero due schede piegate in modo da sembrare compilate da un solo elettore, se esse portano lo stesso nome vanno conteggiate per un solo voto, se invece portano due nomi diversi, nessuno dei due voti sarà valido; tuttavia, in nessuno dei due casi viene annullata la votazione". Bene, se non fosse per il fatto che la scheda rimasta attaccata non era votata. E' chiaro che l'art. 69 regola un caso e una situazione particolare: quella in cui le schede "sembrino compilate" (sic) dallo stesso elettore in quanto appaiate e quindi - qui è il punto - siano ambedue votate, con lo stesso nome o con un nome diverso. La ratio (qualcuno ancora sa che cos'è la ratio, cioè l'intenzione, della legge?) è: se un elettore ha votato addirittura due volte, pensando di farla franca, non può travolgere l'esito della votazione. Pertanto, se ha votato due volte allo stesso modo, si intenderà un voto; se invece ha votato esprimendo due distinte preferenze, si annulla il suo voto. In claris non fit interpretatio
 Chi ha fatto almeno una volta il presidente di seggio sa cosa significa. Se si può salvare il voto interpretando la volontà dell'elettore o se, invece, c'è odore di dolo, si tratta di casi diversi. Se, come dice l'art.68, non si è in grado di avvedersi del fatto che la mano che abbia votato la scheda in più sia la stessa, quella scheda, bianca o contrassegnata, invalida tutta l'elezione e quindi si brucia e si rivota. Il caso della Piqué ricade nell'art.68 perchè la scheda "è rimasta attaccata" e quindi non è stata votata: non può trattarsi del caso dell'art. 69.
Altro capitolo è quello di chi debba dichiarare, eventualmente, la nullità. L'elezione di Bonifacio VI (896) fu dichiarata nulla (quindi non annullata, ma dichiarata mai esistita) due anni dopo da Giovanni IX, altro legittimo pontefice, ma (stranamente) a nessuno venne mai in mente che potesse non essere mai stato papa e la sua immagine non fu mai tirata giù da San Paolo fuori le Mura. Concludo col messaggio dato ad Ivan Dragicevic da Maria a Medjugorje dello scorso 17 agosto: "[..] Particolarmente cari figli, in questo tempo pregate per il mio amatissimo Santo Padre, pregate per la sua missione della pace[..]". Chissà a chi si riferiva Maria.