mercoledì 7 marzo 2012

Dalla



La morte di Lucio Dalla ha innescato, a margine dell'evento, un dibattito sul tema dell'omosessualità che non ha fatto emergere un ben più importante argomento. Quello del delicato, importantissimo e malinteso rapporto tra il "dire" e il "fare" del cattolico. E della presunta ipocrisia della Chiesa che accoglie il peccatore che rivela la sua debolezza nel segreto del confessionale e respinge chi, invece, fa di queste debolezze una bandiera di diversità da esaltare in pubblico. Nella definizione di Roberto di Lincoln (1175-1253), ("hæresis est sententia humano sensu electa, scripturae sacræ contraria, palam edocta, pertinaciter defensa"), sta questa differenza: è eresia il pensiero erroneo propalato apertamente e difeso strenuamente, insegnato con le leggi, le lezioni universitarie, i libri, le canzoni e la televisione, facendo danno al punto da mietere anime, a maggior ragione se si sfrutta la rendita di posizione da vip. Il peccatore che affida in silenzio le sue magagne morali o i propri dubbi dottrinali al confessore, riconoscendo comunque la verità della Chiesa in più di un'occasione pubblica, non fa nulla di tutto ciò. E, per giunta, non è ipocrita. Così come non lo è la Chiesa che accoglie il peccatore non insolente: è un pensiero di giustizia e di verità, oltre che di misericordia. Tutto ok, nulla di sbagliato. Poichè peccatori lo siamo tutti, è difficile chiedere più che questo ad un cristiano. Un sano Purgatorio farà il resto.